Carbonia, fondata con regio decreto n. 2189 del 5 novembre 1937, fu inaugurata il
8 dicembre 1938 da Benito Mussolini, ma non sorse soltanto come città-propaganda del partito fascista, come avvenne per Arborea-Mussolinia e Fertilia,
ma per esigenze di risoluzione della crisi economica che dal 1929
gravava per tutta l'Italia e in particolare il Sulcis-Iglesiente, dove l'attività industriale di estrazione destava interesse.
L'Italia, negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, fu sottoposta a sanzioni da parte della Società delle Nazioni, che bloccarono di fatto le forniture di materie
prime da parte dei paesi amici a causa dell'invasione con armi che aveva fatto in Etiopia (anch'essa faceva parte della Società delle Nazioni).
Cominciò così la politica autarchica del regime fascista che mirava a una indipendenza politica ed economica.
In Sardegna vi erano consistenti giacimenti di piombo e zinco, ma la maggior-parte delle miniere appartenevano a società straniere o comunque non sarde,
che portavano fuori dall'isola il materiale estratto e riportavano poi il prodotto trasformato. Questo stato di cose si mise in evidenza
quando si attuò la politica autarchica e ci si accorse quindi che occorreva dare il via ad un massiccio programma metallurgico per dare al paese risorse economiche.
Il problema energetico non esisteva solo per l'industria metallurgica, ma anche per la locomozione, l'energia elettrica e per la produzione di vario genere.
Il capo del governo fascista allora pensò di sopperire al fabbisogno energetico della nazione con lo sfruttamento del giacimento carbonifero del
Sulcis.
Mussolini venne di persona a visitare le miniere di carbone a
Bacu Abis, e si convinse che queste e quelle che avrebbero potuto sorgere nelle zone limitrofe,
avrebbero potuto soddisfare le esigenze del mercato nazionale e sbloccare la situazione di crisi in cui versava il paese (già durante la 1^ Guerra Mondiale,
le miniere sarde avevano fornito grandi quantità di carbone diventando stabilimento militare ausiliario).
In quel periodo venne costituita l' ACAI (Azienda Carboni Italiani) che veniva autorizzata ad assumere partecipazioni azionarie in società già esistenti e da
costituirsi e a chiedere permessi di ricerche e concessioni di giacimenti carboniferi e a procedere essa stessa a lavori di ricerca (poteva anche concedere, con
l'autorizzazione del Ministero delle Finanze, mutui, sovvenzioni o sussidi alla Società Carbonifera Sarda
di cui era la maggiore azionista, per assicurare lo sviluppo tecnico ed economico dei lavoratori).
Tutte le aziende esistenti vennero incorporate o aggregate ad essa, e cominciarono ad arrivare i primi stanziamenti che permettevano le ricerche e lo sfruttamento
delle miniere già esistenti. Le ricerche si estesero anche al territorio del comune di Serbariu e i risultati furono tali che fu deciso l'allestimento di una serie di miniere
nella zona.
Più miniere venivano aperte, più si aveva bisogno di addetti ai lavori, di conseguenza si presentava la necessità di sistemare in ambienti confortevoli e funzionali
la gente che arrivava da ogni parte al nuovo centro di produzione.
La località per la costruzione di tali ambienti venne scelta vicina ai posti di lavoro (Monte Fossone) in un area paludosa da bonificare durante la costruzione e
ad essa venne dato il nome di Carbonia- (Che significava appunto Terra del Carbone). Nella zona più centrale, Piazza Roma, vennero costruiti il Municipio con
annesse le Poste, la chiesa con campanile dedicata a S.Ponziano, il cine-teatro, un dopolavoro, la torre Littoria e un albergo operaio, nelle cui camerate erano sistemati
6 letti, ed erano tutte munite di servizi con acqua corrente e servizi di cucina, refettori, bagni ecc. Un po' fuori della piazza c'era lo spaccio aziendale con annesso forno
capace di produrre fino a 60 quintali di pane al giorno, e un grande negozio di vendita di ogni genere alimentare.
Il centro è anche riservato alle case dei dirigenti: Villa Sulcis era la residenza ufficiale del Direttore delle miniere e accanto c'erano le case bi-quadrifamigliari
dei capi e dei sorveglianti, verso la periferia le palazzine e i palazzoni a quattro e sei piani degli operai con famiglia e nella parte nord della città gli alberghi operai
destinati ai minatori celibi o precari.
Anche le palazzine popolari erano di 4 appartamenti e ogni appartamento poteva avere 1, 2 o 3 stanze più servizi a seconda che servissero per scapoli o
per operai con famiglia, e tutte erano circondate da un orto-giardino; nel frattempo si fecero le fognature, le strade per raggiungere comodamente il posto di lavoro,
e la rete elettrica. E su progetto di Ignazio Guidi e Cesare Valle, gli stessi che insieme a Pulitzer avevano partecipato alla progettazione di Carbonia, fu costruito
anche l'Ospedale, realizzato tra il 1939 e il 1941. Inoltre fu costruito un tronco ferroviario che univa la nuova città alle Ferrovie Meridionali Sarde per
la spedizione del minerale estratto.
Nel periodo bellico i lavoratori furono esentati dal prestare servizio militare, tanta era la necessità del carbone.
Le maestranze aumentavano e il bisogno di nuovi appartamenti si faceva sempre più impellente, così fu attuata la costruzione dei palazzoni di Via Carducci,
Via Alfieri, Sanzio e Pascoli e il Palazzone del Ce.Va. E più in la nel tempo i palazzoni di Viale Arsia, Via Gallura, Via Campidano, Corso Iglesias e Corso Albania,
e anche le Scuole Elementari e il Campo Sportivo.
Carbonia diventava sempre più popolosa e dava sempre più lavoro a migliaia di operai che venivano anche dall'estero. Il massimo splendore fu nel 1948-49
con circa 50.000 abitanti residenti e 18.000 lavoratori.
In questo periodo è datata la realizzazione dell'ex INAM,
dove al piano terra possiamo ammirare il grande pannello ceramico di Eugenio Tavolata, e nei primi anni '50 si costruì anche il Mercato Civico.
Al suo territorio appartenevano Cortoghiana, BacuAbis, Is Gannaus, parte dei territori di Gonnesa e Serbariu.
Le cose però cominciarono a precipitare già nel dopoguerra quando il mercato italiano venne riaperto a quelli stranieri. Il carbone sardo in confronto a quello
di altri paesi esteri, era pieno di impurità, il potere calorifico era piuttosto basso e i costi di produzione alti, cosi cominciò una vera e propria guerra al nostro carbone,
sia in campo nazionale che internazionale e a nulla valse la campagna di difesa che fecero i parlamentari Lussu, Spano, Laconi e Melis, i quali
sapevano benissimo che al carbone si stavano aprendo nuove vie di impiego nel campo chimico, ma certamente un'industria chimica in Sardegna avrebbe disturbato qualche gruppo
di società chimiche nazionali e non era il caso di costruirne un'altra che poteva fare concorrenza, anzi era senz'altro meglio cercare di impadronirsi del complesso industriale
carbonifero per impedire che ciò avvenisse. Ciò non fu possibile perché sarebbe stata troppo scoperta la sporca politica di certi gruppi monopolistici che volevano la sua
chiusura, e allora la politica governativa venne impostata in direzione di scelta fra carbone sardo e carbone straniero, che però ebbe il sopravvento.
Il deficit dell'industria carbonifera sarda era sempre più alto, così venne decisa la sua chiusura.
Carbonia ebbe un vero e proprio tracollo sociale, la sua popolazione diminuì notevolmente negli anni che seguirono (circa 20.000 abitanti).
Ma all'entrata all'ENEL degli operai della CarboSarda nel 1964 la città assunse un nuovo volto, e fu un vero e proprio boom economico proprio come negli anni fine
cinquanta-sessanta in Italia e nel mondo. Carbonia ingrandì dal punto di vista urbanistico, la popolazione giovane aumentò e si dovettero riattare e costruire altri edifici
scolastici e i giovani trovarono finalmente uno sbocco per il lavoro con l'apertura del complesso industriale di Portovesme negli anni '70.
La situazione però era rosea solo in apparenza, infatti, nel giro di un decennio, Carbonia si ritrova in condizioni quasi disastrose, la crisi del paese
si riflette nella nostra città.
Troppi disoccupati e operai che stanno per diventarlo, ci sono carenze di case e carenze di servizi di ogni genere per l'incuria e la politica sbagliata, più o
meno voluta, di troppa gente.
Oggi, nel primo quindicennio degli anni 2000 la situazione si può dire peggiorata. Girando per la città troviamo un deserto, serrande chiuse, negozi vuoti,
edifici fatiscenti, poca gente per strada. La popolazione, in maggioranza composta da anziani e vecchi di longeva età, ritorna spesso col pensiero agli anni d'oro di Carbonia,
chiedendosi come sia potuto accadere un tale declino.