Nel corso della storia la Sardegna ha dato i natali, ma anche rifugio o
adozione, a personalità di ogni genere di arte e disciplina, che hanno
contribuito a fare la storia e la cultura della nostra isola e dell'Italia. Il Novecento
per esempio ha espresso figure di rilevanza internazionale come Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer,
segretario del più grande partito comunista dell'occidente, la scrittrice premio Nobel Grazia Deledda e
diversi Presidenti della Repubblica, fra cui Antonio Segni e Francesco Cossiga, oltre a Giuseppe Saragat nato a Torino da genitori sardi.
Protagonista della lotta e della resistenza contro i Romani in Sardegna, visse nel III secolo a.C.. Durante la 2 guerra punica, approfittò delle sconfitte
inflitte da Annibale ai Romani ed organizzò una rivolta, coinvolgendo non solo i Sardi delle pianure e delle zone costiere, ma i Balari, gli Iliesi e le tribù della Barbagia.
Quando i rinforzi inviati da Roma con le legioni di Tito Manlio Torquato sbarcarono a Karalis, Amsicora lasciò il suo esercito agli ordini del figlio Iosto e corse a
cercare aiuto, in attesa dell'arrivo di Asdrubale il Calvo, il quale però era stato sbattuto da una tempesta nelle Balleari.
Il giovane Iosto accettò la provocazione dei
Romani, assai piu numerosi dei Sardi e diede inizio al combattimento dove fu sconfitto, e con pochi superstiti trovò rifugio nella città di Cornus. Amsicora accorse con
altre truppe e con gli alleati punici, ma fu vinto nei pressi di Cornus, lasciando sul campo oltre 12mila morti, oltre ai 3mila prigionieri.
Per non cadere nelle mani
dell'odiato nemico, l'eroe Sardo-punico, che era un potente latifondista, preferi uccidersi, dopo aver appreso la notizia della sconfitta dei suoi e della morte del figlio
Eroina dei sardi vissuta nel XIV sec., sorella di Ugone, gli succedette nel
Giudicato di Arborea. Ugone, che succedette al padre Mariano,quando
questi morì di peste nel 1376, era valoroso, combattivo ed
energico, ed il Giudicato di Arborea era l'unico che riuscisse a
tener testa ai potenti Aragonesi che si erano a poco a poco
impadroniti di tutta l'isola. Molto amato dai sudditi, aveva
un'unica figlioletta, e gli Aragonesi pensarono di togliere di mezzo
tutto ciò che rimaneva della sua stirpe, così nel 1383 uccisero
sia lui che la figlia. Ma questi avevano fatto i conti senza
Eleonora, sorella di Ugone, e quanto lui valorosa ed energica. Cosi
fu lei la nuova Giudicessa, e seppe svolgere così bene le sue
mansioni, che in breve tempo si conquisto la stima e la simpatia di
tutti. Gli Aragonesi le mossero guerra, ma furono costretti a venire
a patti. Regnò così rispettata e temuta fino al 1404. Lasciò alla
Sardegna uno dei documenti più preziosi della sua storia, La
Carta de Logu, un insieme organico e completo di leggi, un vero
e proprio codice in Limba (Lingua Sarda).
Marchese di Oristano, erede di Salvatore Cubello, figlio della nobile Benedetta del casato di Arborea, divenne capo del Giudicato nel 1470 e subito,
alleandosi con i Genovesi, si scontrò con gli Aragonesi di Nicolò Caroz.
I 2 eserciti, quello Sardo e quello Aragonese, si affrontarono nei pressi di Uras il 14 Aprile 1470 Vincendo la battaglia. Ma 8 anni dopo ci fu un'altra tremenda battaglia
nella piana di Macomer e per i Sardi furono definitivamente spente le aspirazioni di indipendenza. Alessandro Alagon fuggi verso Bosa e cercò di imbarcarsi per Genova,
ma fu catturato dagli Spagnoli e condotto in catene a Valenza, dove morì nella fortezza di Xativa.
Nato a Bono nel 1751, studiò a Sassari laureandosi , ed ebbe la cattedra di diritto civile nell'Universitò di Cagliari e poi la carica di Giudice della Reale Udienza.
Il suo nome è legato alle lotte per l'indipendenza sarda. Era di casato nobile, ma ebbe a cuore la libertà della Sardegna e l'affrancatura dei suoi
conterranei dalle servitù feudali. Nel 1796, col titolo di Alter Nos, cioè delegato dal Vicerè, fu a capo di una rivolta per combattere per i suoi ideali,
ma tradito dai suoi stessi seguaci, fu destituito dalla sua carica e condannato. Fuggì in esilio a
Parigi, dove morì nel 1808.
Nato a Ploaghe nel 1803, fu canonico, professore di Sacre Scritture e di lingue orientali, Rettore dell'Università di cagliari, archeologo linguista e Senatore del Regno.
Diede inizio agli studi sulla Sardegna nel campo archeologico e filologico e compilò importanti opere come: "Bullettino Archeologico Sardo" in 6 volumi, "Scoperte
di Antichità in Sardegna", il "Vocabolario Sardo", "Grammatica Sarda", "Vocabolario Sardo Geografico-patronimico", "Iniziazione ai miei studi".
é considerato l'operatore culturale piu attivo dell'800
Nato a Bitti nel 1807, canonico, esponente della Nassoneria, deputato per 27 anni della Sinistra al Parlamento subalpino prima ed alla Camera del Regno d'Italia poi.
Sardista e meridionalista ante literam, è una delle figure piu significative della storia moderna della Sardegna. Amico di Maggini, di Garibaldi e di Manin di Cataneo,
fu la coscienza critica della democrazia risorgimentale. Autore tra l'altro, di un interessantissimo "Diario politico 1855-1876" Morì a Roma alla fine del '76
nacque a Sorso nel 1846 e morì a Milano nel 1918. Dopo
aver studiato a Torino, giunse a Milano ove partecipò al movimento
Letterario della "Scapigliatura". Scrisse una 50ina di
opere ora moraleggianti, ora soffuse da un tenue lirismo umoristico.
Tra le sue opere, due sono le più famose: "Fante di
picche" e "Mio figlio".
Nuorese, nato nel 1867 morì nel 1914. Fu un valido e
appassionato cantore della sua terra selvaggia. Di lui ci restano
varie liriche tra cui primeggia la raccolta "Canti barbaricini"
E' considerata la più grande scrittrice italiana dello scorso
secolo. Nata a Nuoro da una modesta famiglia di agricoltori, vinse
nel 1926 il premio Nobel per la letteratura, il più ambito premio
letterario mondiale. Silenziosa e riflessiva, fin dall'infanzia
mostrò un'intelligenza eccezionale e sopratutto manifestò un
profondo amore per le cose, gli usi, i costumi e le storie di
Sardegna, e questo amore la portò a scrivere pagine bellissime, in
un linguaggio colorito, appassionato ed efficace. dalla sua penna scaturirono
decine e decine di novelle e numerosi romanzi, in cui vive tutta una
folla di personaggi della Sardegna di allora e di oggi: pastori e
banditi, contadine e signore, ricchi e poveri, mugnai e ciabattini.
Era la "sua" gente, silenziosa e appassionata, austera e
fiera, e le sue immagini perdureranno nel tempo, anche quando la
modernità e il dilagare del turismo avranno strappato alla Sardegna
tutto ciò che ancora è rimasto di vero, pittoresco e sano.
Nato a Villacidro, fu uno dei più seri e colti scrittori
del nostro tempo. Anche egli è come la Deledda un appassionato
amante della sua terra e della sua gente. L'intensità dei suoi
scritti e la poesia delle sue immagini, fanno di Dessì uno
scrittore geniale e valido. Vincitore di vari premi letterari. Si
dedicò allo studio e al servizio delle comunità insegnando lettere
e diventando in seguito Provveditore. Autore di importanti romanzi come "Il disertore" e "Paese d'ombre"
Fu il quarto presidente della Repubblica Italiana. Nacque a
Sassari nel 1891 da una antichissima famiglia sarda. Dopo la laurea,
continuò i suoi studi in campo giuridico, divenendo docente di
Diritto Agrario e Commerciale a Cagliari., e di Diritto Processuale
e Civile a Roma. Nel 1919 fu uno dei primi aderenti al Partito
Popolare, e dopo la parentesi del fascismo (durante la quale si
ritirò dalla vita politica, fu tra i fondatori della Democrazia
Cristiana. La sua serietà e onestà gli meritarono la
partecipazione a vari governi e la suprema carica dello stato, da
cui si dimise nel 1964 per motivi di salute. Morì nel 1972
Uomo politico e scrittore italiano (Armungia, Cagliari, 1890 - Roma 1975). Interventista e ufficiale nella prima guerra mondale, nel 1919 fondò il Partito sardo d'azione, formazione autonomista democratica composta in gran parte di ex combattenti. Deputato nel 1921 e nel 1924, partecipò alla secessione aventiniana e fu energico antifascista. Arrestato nel 1926 e deportato a Lipari, ne evase nel 1929 con F. Nitti e C. Rosselli, con i quali fondò a Parigi il movimento Giustizia e Libertà. Partecipò alla guerra di Spagna e alla Resistenza in Francia e poi in Italia. Fu ministro per l'Assistenza Postbellica nel governo Parri e per i rapporti con la Consulta nel primo governo De Gasperi. Fu deputato alla Costituente per il Partito d'azione e aderì al PSI nel 1947; senatore di diritto nel 1948, conservò il seggio fino al 1968; contrario al centrosinistra, nel 1964 aveva aderito al PSIUP. Tra le sue opere: La catena, 1945; Marcia su Roma e dintorni, 1945; Un anno sull'altipiano, 1945; Diplomazia clandestina, 1956; Sul partito d'azione e gli altri, 1968; La difesa di Roma, post., 1987.
Giuseppe Cavallera nacque a Villar San Costanzo (Cuneo), nel 1873.
Grande politico italiano, aveva aderito giovanissimo alle idee socialiste.
Nel 1895, lasciò Torino per la Sardegna, allora priva di qualsiasi organizzazione o struttura socialista. L'occasione gli venne offerta dalla Borsa di Studio
che vinse presso la facoltà di medicina dell'Università di Cagliari, ma anche per sottrarsi alle persecuzioni poliziesche a cui fu sottoposto per la sua militanza politica,
e dove si laureò in Medicina nel 1896. In meno di un anno, in gran parte per la sua azione, nell'isola erano sorti 10 circoli socialisti.
Trasferitosi poi a Carloforte, dove si sposò con una ragazza di nome Anna Vassallo, dalla qualle ebbe sei figli, fondò, nel settembre del 1897, la Lega di resistenza fra battellieri
e stivatori. Fu questo il primo esempio in Sardegna di un'organizzazione operaia di resistenza, che servì da modello al nascente movimento operaio nel bacino minerario Sulcis-Inglesiente-Guspinese dove
Cavallera fu attivo propagandista del socialismo e dell'organizzazione sindacale, e dove ebbe un ruolo determinante nell'organizzare
le Leghe dei minatori, associazioni operaie che fondevano gli obiettivi politici dei circoli socialisti con quelli sindacali.
Arrestato nel 1900 per gli scioperi a Carloforte tra il 1897 e il 1899, venne condannato dal tribunale di Cagliari a sette mesi di carcere.
Alla fine del 1903 le organizzazioni di classe d'ispirazione socialista contavano fra i minatori oltre 10 mila aderenti; nel 1904 fu costituita la Federazione regionale
dei minatori con sede in Iglesias, e Cavallera fu nominato segretario.
La lotta di classe di quegli anni culminò nell'eccidio di Buggerru (4 sett. 1904), in cui morirono quattro lavoratori: in seguito a uno sciopero proclamato dai minatori per ottenere una riduzione dell'orario di lavoro, le forze dell'ordine, mentre era in corso un colloquio volto a comporre la vertenza fra
Giuseppe Cavallera e il direttore della miniera, aprirono il fuoco sugli scioperanti che attendevano sulla piazza l'esito delle trattative.
I fatti di Buggerru si ripercossero a livello nazionale con la proclamazione d'uno sciopero generale di protesta contro i metodi repressivi del governo.
Nel 1906 viene eletto sindaco di Carloforte.
Nel 1913, candidato nel collegio d'Iglesias per la Camera dei Deputati, vinse le elezioni con un notevole successo personale e di partito.
Nel dicembre 1913, intervenendo alla Camera sul discorso della Corona, descrisse le misere condizioni dei lavoratori dell'isola e chiese l'intervento immediato e
adeguato del governo. In quegli anni Giuseppe Cavallera associò all'attività di parlamentare quella di sindacalista e di organizzatore delle lotte dei braccianti pugliesi.
Volontario nella guerra 1915-18, vi partecipò col grado di capitano medico di marina. Nelle elezioni del 1919, a causa dell'opposizione di Angelo Corsi,
che aveva assunto il controllo dell'ala riformista del partito nell'Iglesiente, il C. non ripresentò la sua candidatura in Sardegna, ma capeggiò la lista socialista
nella roccaforte giolittiana, il collegio di Cuneo-Asti-Alessandria.
Il successo fu strepitoso tenendo testa a Giolitti con 10.000 preferenze e il P.S.I. con quattro deputati eguagliò il risultato dei liberali.
Nei due anni successivi si dedicò più all'attività sindacale che a quella parlamentare. La scelta gli offrì l'occasione di riallacciare i legami col movimento operaio
sardo, tantè che nel 1921 gli fu nuovamente offerta la candidatura nel collegio di Iglesias,
ma lotte di potere in seno al locale gruppo riformista ne impedirono l'elezione.
Durante il fascismo fu attentamente vigilato e dovette desistere dalla lotta politica. Esercitò fino al 1938 la professione di medico condotto.
Poté reinserirsi nella vita attiva soltanto dopo la caduta del regime, quando, durante il primo ministero Bonomi, fu nominato commissario straordinario dell'Opera nazionale
per la protezione della maternità ed infanzia. Di vasta portata fu la sua opera volta alla riorganizzazione e al potenziamento dell'Ente. Aderì al Partito socialista
di unità proletaria e fu candidato all'Assemblea costituente. Nel 1948 fu eletto senatore per il Fronte democratico popolare nel collegio d'Iglesias con 29.728 voti.
Morì a Roma il 22 giugno 1952 e fu sepolto a Carloforte, dove gli viene dedicato il Cineteatro Giuseppe Cavallera costruito dai battellieri a memoria del lungo cammino di riscatto del proletariato.
Grande politico italiano, nacque a Sassari nel 1922 e morì a Padova nel 1984
Fin da bambino respirò l'aria dell'antifascismo democratico e liberale.
Crescendo in un ambiente culturalmente assai evoluto (il nonno, suo omonimo, era stato il fondatore
del giornale "La Nuova Sardegna", e aveva avuto contatti con Garibaldi e Mazzini) approfittò di relazioni familiari e politiche che influenzarono notevolmente
la sua ideologia e la carriera politica successiva. La cultura democratica ed antifascista lo portano ad assumere atteggiamenti contestatari nei confronti del sistema
ed ad aderire (a 14 anni), in forma segreta e clandestina, al Partito Comunista Italiano di cui diventerà uno dei massimi dirigenti.
Nel gennaio del 1944 la fame spinse la popolazione a saccheggiare i forni della città e Berlinguer fu accusato di esserne stato uno degli istigatori.
Fu quindi arrestato e trattenuto in carcere per tre mesi, dopo i quali fu prosciolto dalle accuse e liberato.
Dopo la sua scarcerazione, il padre lo portò a Salerno e lo presentò a Palmiro Togliatti, che era stato suo compagno di scuola. Berlinguer fece una buona impressione
e perciò nel maggio del 1945 fu inviato a Milano, dove collaborò con Luigi Longo e Giancarlo Pajetta. Dopo un breve periodo come vicesegretario del PCI in Sardegna,
Togliatti lo richiamò a Roma. Nel 1949 fu nominato segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana, carica che avrebbe mantenuto sino al 1956 e l'anno seguente
divenne segretario della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica, l'associazione internazionale dei giovani comunisti.
In questa veste Berlinguer visitò l'Unione Sovietica, ma nel 1957 abolì l'obbligatorietà di tale visita (comprendente anche corsi di formazione politica),
fino ad allora passaggio di tutti i giovani dirigenti del Pci. Nel 1956 seguì il giudizio del Pci, sull'invasione sovietica dell'Ungheria. Fu l'ultima volta,
per il partito e per Berlinguer, in cui venne espressa una posizione subalterna alle scelte sovietiche.
Alla morte di Togliatti sostituì Giorgio Amendola nel ruolo di coordinatore del Partito divenendone, negli anni della segreteria di Luigi Longo, il numero due.
Durante gli ultimi anni della segreteria Longo, quando il vecchio esponente comunista era malato, assumerà la guida effettiva del PCI di cui sarà nominato
ufficialmente segretario nel 1972 ed inizierà subito un nuovo corso per la politica comunista pur mantenendo una forte continuità nelle tradizioni e nei comportamenti.
Da Togliatti ereditò soprattutto quei principi di derivazione crociana che fecero di Enrico Berlinguer prima di tutto un attento osservatore delle vicende italiane
ma anche un fine intellettuale. Partendo dalle considerazioni togliattiane sulla fragilità della democrazia italiana ed analizzando la crisi cilena del 1973, Berlinguer
progettò fin dal 1974 l’incontro tra cattolici, laici e comunisti che avrebbe dovuto essere la condizione per l’inizio di un periodo di ripresa e di sviluppo della
democrazia italiana basato su di un compromesso di portata storica. Ma la tragica fine di Aldo Moro, Presidente della DC (rapito e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978),
impedì il compimento di tale "Compromesso Storico" aprendo le porte agli anni della grave corruzione politica del periodo catalogato come "prima repubblica".
Il PCI, escluso definitivamente dalle relazioni fra i partiti della maggioranza, ritornò al suo ruolo di opposizione.
Dopo una legislatura da parlamentare
europeo (eletto nel 1979 per le liste del PCI), in vista delle successive elezioni del 1984 Berlinguer si recò a Padova il 7 giugno, dove svolse un comizio.
Mentre si apprestava a pronunciare la frase "Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda" venne colpito da un ictus. Si accasciò
in diretta televisiva, terreo in volto e tuttavia, palesemente provato dal malore, continuò il discorso fino alla fine, nonostante anche la folla, dopo i cori di sostegno,
urlasse: "Basta Enrico!". Alla fine del comizio rientrò in albergo dove si addormentò sul letto della sua stanza, entrando subito in coma. Morì l'11 giugno a causa di
un'emorragia cerebrale.
Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si trovava a Padova per ragioni di Stato, si recò in ospedale per constatare le condizioni di Berlinguer.
Fece in tempo a entrare in stanza per vederlo e baciarlo sulla fronte. Poche ore dopo il decesso, si impose per trasportare la salma sull'aereo presidenziale,
citando la frase: "Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta". Commovente fu il suo saluto al funerale (13 giugno), al quale
partecipò circa un milione di persone, dove si chinò con la testa sopra la bara, baciandola.
Emilio Nuscis è nato nel 1926 a Villacidro "Paese d’Ombre". Sin da giovanissimo diventa un divoratore di libri, orientandosi soprattutto su letture storico-classiche,
ma vicissitudini politiche e l’avvento della Seconda Guerra Mondiale gli precludono la frequenza e il completamento degli studi nella scuola pubblica, e così prosegue
la sua formazione privatamente, con l’aiuto di un ex parroco di Villacidro (costretto dal fascismo a lasciare il rettorato, colpevole di essere tra i fondatori
del partito Popolare con Don Sturzo).
Parallelamente studia Radiotecnica e nel 1941 consegue anche la patente d'operatore cinematografico.
Nel 1942 è mobilitato civile, presso l'aeroporto di guerra di Trunconi
con l'Aviazione Italiana, e in seguito distaccato con un ufficiale tedesco addetto al controllo dei lavori dell'Impresa Todd", che costruiva piste nei vari aeroporti
disseminati in tutta la Sardegna. Con l'arrivo degli americani, nel 1942, è assunto dallo Special Service Office, del 17th Gruppo Bombardieri (che aveva il compito
di organizzare spettacoli e altri tipi di intrattenimenti, in un gran teatro di mille posti costruito nell'accampamento americano chiamato "Little America") e qui nasce
il suo grande amore per l’America e per la musica e spettacoli americani, che lo accompagnerà per il resto della vita. Contemporaneamente continua la sua formazione
nella tecnica radiofonica e proiezione cinematografica.
Eroico pioniere della Radio in Sardegna (Lo scrittore Romano Cannas, nel suo libro "RadioBrada", patrocinato dalla ERI-RAI,
gli dedica una intera colonna), partecipa all'installazione della prima stazione Radio a "Trunconi" come addetto all'operazione di messa in onda.
Sempre a cura dello Special Service, nel 1944 segue gli Alleati in Corsica.
Al ritorno dalla grande "avventura", installa e gestisce in società, il primo cinematografo
a Villacidro.
Trasferitosi a Carbonia nel 1946, gestisce per molti anni un laboratorio di radiotecnica, entrando poi a lavorare presso la
Carbonifera Sarda, per la
quale installa ed inaugura la prima rete di telecomunicazioni a Modulazione di Frequenza (PonteRadio) fra i pozzi di: Serbariu, Seruci, Nuraxi Figus e il CEVA
(Direzione Generale), passando poi all'ENEL in seguito alla nazionalizzazione delle fonti energetiche e l'assorbimento della SMCS e delle sue
Centrali Elettriche da parte dello stato.
Nel 1971 assume la
direzione del reparto Telecomunicazioni dell'ENEL nelle Province di Nuoro e Oristano e ne cura l'ammodernamento.
Con l’avvento delle TV e radio private, collabora
con le Tv regionali Videolina, TeleCostaSmeralda, Sardegna1 e altre nel Sulcis-Iglesiente e nel 1977 crea, con materiale di recupero, la prima TV privata a
Carbonia "Teleuno", ma solo a livello di sperimentazione.
In pensione dal 1982 dedica il suo tempo libero alle ricerche storiche. Alla fine degli anni '90,
patrocinato dal Comune di Villacidro, scrive il diario di guerra "Quegli anni a Trunconi" (tedeschi e americani a Villacidro 1938-1943 - ed. L'Aleph, San Sepolcro 1999).
Ideatore, insieme al suo amico Benigno Puddu, del Gemellaggio tra Carbonia e la cittadina francese Beheren Les Forbach, nella Mosella, nel 2008 gli viene conferita
la "Cittadinanza Onoraria", dall'allora Sindaco di Beheren, nonché Vice Presidente della Regione Mosella, Michel Obiegala. Nel 2011 a Carbonia fu eletto "Cittadino
dell'Anno" con questa motivazione: "Per aver contribuito alla ricostruzione della memoria storica di Carbonia".
"Dall'Archivio di Gianfranco Nurra"